lunedì 6 maggio 2013

"Come se fosse ieri": il commento di Giorgio Betti

Un grazie infinite a Giorgio Betti che ha postato su Facebook questo splendido commento a "Come se fosse ieri":

Leggendo "Come se fosse ieri", dell'amica Irene Vanni, da poco uscito per le edizioni Fabbri, ho avuto la conferma definitivissima di un paio di cose che avvertivo da tempo. La prima, di natura tecnica, è che chi proviene dal cosiddetto "genere", di solito ha a disposizione molte più frecce, narrativamente parlando, di chi invece proviene dal "non genere" (e chiedo scusa, ma quest'ultimo non so come definirlo, avendo sempre reputato anche la classificazione in horror, anziché thriller, anziché vattelapesca come intrinsecamente idiota, anche se magari comoda: La "Divina Commedia" che cos'è: un thriller paranormale? ...e quando la legge Benigni?).
Irene come scrittrice e saggista arriva proprio dai generi, e lo si vede mirabilmente dallo smalto della sua scrittura, che usa sapientemente tutte le formule, le alchimie, le soluzioni che il suo repertorio le mette a disposizione. L'antefatto che dà il via alla trama può quindi essere una lettera di un'amica morta, anche se morta di morte naturale, e non di accoltellamento da parte di mano guantata; lo svelamento finale (detesto anche il termine tecnico "agnizione"), può benissimo riguardare l'identità di una psicologa, invece che quella del solito assassino; il passato che ritorna, può identificarsi in un concerto dei Duran Duran, anziché del consueto trauma infantile, e così via: il risultato è che non ci si annoia, ed è già molto. 
La seconda considerazione di cui ho avuto conferma non so chi l'ha scritta o detta, so che la conobbi, condividendola, per la prima volta a proposito del "Francesco" di Liliana Cavani; suonava più o meno così: le più belle opere sulla Fede le fanno i laici.
Credo che su certe questioni filosofiche, ontologiche e cosmogoniche io e Irene non la pensiamo allo stesso modo, ma è certo che dopo aver ammirato attonito questo suo impressionante affresco dei nostri tempi, questa precisa rendicontazione di una secolarizzazione già avvenuta, a me personalmente è aumentata a dismisura la voglia di tornare nel cortile della mia parrocchia, partecipando al Mese di Maggio e sgranando il Rosario. Altro che storia dolceamara: "Come se fosse ieri" con la sua onnipervasiva solitudine, con i suoi silenzi assordanti, con i suoi dialoghi perennemente interrotti, è una storia monumentalmente drammatica, come solo le grandi opere sanno essere; ed è stata, per me, anche un'opera (forse) involontariamente apologetica, visto che di fatto mi ha confermato ancor più nelle mie convinzioni (ed ecco spiegato il riferimento alla Fede). Irene condivide con i grandi scrittori un respiro apocalittico, che nel suo caso sa benissimo truccarsi e camuffarsi sotto il mascara, disperdersi nella tecnologia, incarnarsi in Facebook e nei mille altri orpelli che segnano tutta l'archeologia del presente. Spero naturalmente che non condivida con la maggior parte di essi anche la drammaticità del vissuto.

***


Giorgio Betti (Piacenza, 8 ottobre 1970) è un artista multimediale, scrittore e drammaturgo italiano. Nel 2002 pubblica "L'Italiana che inventò il free Cinema inglese", saggio-monologo dedicato alla figura di Lorenza Mazzetti. Nel 2005 e 2006 a Piacenza organizza la vetrina cinematografica "Carovane Cinema", con Giuliano Montaldo, Carlo Lizzani, Ugo Pirro, Emidio Greco, Lydia Mancinelli e Milena Vukotic. Alcune sue opere teatrali sono state rappresentate in tutta Italia, così come le sue videoinstallazioni e proiezioni di "regia pura"; in particolare si ricorda "Millennium Suite", presentata a Senigallia nel 2004 nell'ambito della rassegna internazionale "Leggere il 900". Attualmente, tra gli altri, collabora per Urania Mondadori, per Robot e per Fantasymagazine con la rubrica delle interviste impossibili. Nel 2010 è uscito "Il pensiero e la dinamite - Riflessioni su alcuni film di Marco Bellocchio" (Edizioni Pontegobbo).

Nessun commento:

Posta un commento