martedì 2 aprile 2013

Un estratto da "Come se fosse ieri"

Arriva domani in libreria il mio romanzo “Come se fosse ieri” (Fabbri Editori). Come anticipato nel post precedente, la storia è incentrata su quattro amiche che nel 1987 scappano di casa per andare al concerto dei Duran Duran: venticinque anni dopo, le tre ancora in vita devono organizzarsi per accompagnare a un nuovo concerto dei loro idoli la figlia della quarta amica, scomparsa recentemente. Le vicende che le coinvolgeranno saranno di stimolo per spronarle con rabbia, nostalgia e comicità a cambiare delle esistenze in cui non si riconoscono più. Voglio regalarvi in anteprima un estratto dal capitolo 2. Il paragrafo è dedicato a Simona, insegnante di latino raccomandata dall'amante,  Professore universitario sposato e molto più anziano di lei, ma altrettanto abitudinario e monocorde. Simona è appena rientrata in contatto con le amiche e la sua quotidianità comincia a essere disturbata da alcune interferenze...

***

Corso monografico al mattino e ricevimento studenti. Seminario nel pomeriggio. Ore 17.00. Lezioni finite. Giornata lavorativa con Tullio ultimata. Settimana in corso. Solitudine in corso. Routine in corso.
Calduccio. Ma il consueto abbigliamento simil-hippie la faceva sentire fresca come il venticello.
Ancora faticava a ingoiare la telefonata a Laura della notte precedente: l’amore, il sesso, la sua vita, le loro vite, quella di Manuela, i giorni a venire. Il concerto dei Duran Duran.
Ma ancora più bizzarra era stata la telefonata di Cinzia nel corso della pausa pranzo. L’aveva colta al solito bar, così si era incamminata passo passo verso la Torre, e in piazza de’ Miracoli si era sorbita quasi due ore di telefonata dell’amica. Tanto pagava lei.
“Il babbo m’ha regalato un cavallo per il compleanno” le era tornato in mente, “perché anche a voi non regalano un cavallo?”
Che ridere... tutti potevano permettersi il cavallo per il compleanno, secondo lei.
Simona aveva trovato un fazzoletto di marmo all’ombra, sul retro del Duomo: ferma, possente, la Cattedrale guardava verso occidente con quella faccia bianca in cui il sole pomeridiano disegnava luci e ombre dai contorni perfetti, chiari e scuri, come in un’esotica moschea.
E Simona aveva ascoltato.
Ma pure lei risultava così logorroica quando si sfogava con Laura?
Erano strane le telefonate di quei giorni. Le ricordavano quelle dei tempi della scuola. Uno schermo televisivo riempito da facce giovani, allegre e colorate con la cornetta del fisso in mano, come nel video di Cyndi Lauper Girls Just Want to Have Fun.
Colorate...
La faccenda era andata così per le lunghe che il povero Tullio era rimasto per tutto il tempo al bar da solo e al suo ritorno Simona aveva dovuto chiedergli premurosa: “Hai mangiato?”, secondo Elsa Morante la frase d’amore più vera, una dimostrazione d’affetto concreta, niente astrazioni, niente di effimero.
Sì, lui aveva mangiato.
In quel momento l’aveva visto sotto una luce diversa. Dopo centoventi minuti di chiacchiere sui gigolò, Simona si era chiesta se il quieto vecchietto che le dava di più di quanto le avevano dato i ragazzi in gioventù non fosse davvero il massimo. Certo, come suo solito Cinzia aveva sicuramente colorato un po’ la realtà, e vedersi con un gigolò non doveva essere tutta questa gran cosa, visto e considerato che si dichiarava insoddisfatta e depressa per via della separazione. Ma era tanto brutto colorare il grigiume e circondarsi di bicipiti dorati invece che di pesci tropicali?
Un regalo, un finto amante, un finto fidanzato, un accompagnatore di viaggio, un commensale aperto al dialogo garbato. Cosa c’era di male, se Cinzia poteva permetterselo? Avrebbe dovuto continuare a essere per sempre prerogativa solo maschile?
Cinzia le aveva confessato che Thomas le aveva insegnato tecniche e piaceri nuovi, usando un sacco di giochini e facendole capire quel che probabilmente ad Alessandro non era andato bene di lei, cosa gli era mancato ed era andato a cercare in altre. Quasi più utile della legittima psicologa. Un toccasana, via!
E allora perché Cinzia continuava a stare così male e a sentirsi sola?
Che domanda! Non si sentiva sola anche lei, pur avendo Tullio?
Forse, quella che si sentiva meno sola era Laura, che era single. Un paradosso. Ma forse perché lei c’era abituata.
Alle 17.20, Simona camminava un po’ curva e rilassata nel vicolo che la riportava a casa. L’acciottolato antico del buio budello asfissiato dai palazzi decrepiti, così stretti l’uno davanti all’altro che quasi si baciavano, appariva di un umido piovoso anche nella stagione calda, col sole che faticava a imbucarsi nelle strettoie e a scivolare dalle grondaie. La testa delle amiche, che strano guazzabuglio...
Era convinta che Laura non avrebbe più chiamato Cinzia dopo quanto successo anni addietro. Non perché le bruciasse ancora, in fondo non era stata Cinzia a rubarle il ragazzo ma il ragazzo a farsi rubare, però Laura era fatta così: quando si buttava qualcosa alle spalle non ci pensava più, cancellava, superava, sorpassava e andava avanti. In questo la invidiava tantissimo. E invece aveva approfittato dei Duran Duran per farci pace. Quasi un fare i conti col passato insieme a Manuela che non c’era più.
Laura le aveva letto per telefono l’ultima lettera di Manuela. Simona non era nemmeno riuscita a piangere per la sorpresa. Sembrava la lettera di una ragazzina che non aveva poi così tanta paura di morire. Forse era davvero tornata per un po’ la ragazzina di un tempo nel pensare al concerto, forse si stava facendo forza da sola, forse fingeva, o forse la pura saggezza di Manuela si era rivelata tale fino alla fine. “Mori nemo sapiens miserum duxit” diceva Marco Tullio... non il suo, ma il più celebre, Cicerone. “Nessun sapiente ha mai ritenuto il morire una cosa dolorosa”, insomma. Ma Manuela l’aveva trasformata proprio in qualcosa di spassoso, perlomeno per loro che erano rimaste.
Un puzzle bianco e verdognolo all’angolo del palazzo le suggerì di spostarsi più verso il centro della via per non fare da cloaca ai piccioni.
Pericolo sventato.
Il particolare che più la metteva in agitazione però era la postilla riguardante il bestione di nome e di fatto, ovvero Sauro, il maschio in via d’estinzione che non doveva chiedere mai. Gretto e terra terra: un giudizio su cui avevano concordato tutte nel momento in cui avevano scoperto che il rozzo lucertolone sarebbe diventato il marito della saggia e bellissima amica. Del resto, lei diceva che ad averla conquistata era stato proprio il suo tenerle testa come uomo in via d’estinzione. E giusto la quieta Simona era stata la prescelta a tenere testa al rettile dei pistoni? Sì, se non ricordava male, Sauro faceva il meccanico. Lui e Manuela si erano messi insieme abbastanza giovani, così si erano un po’ perse. Finché non erano arrivate le bomboniere. Sarebbe riuscita a formulare la richiesta al padre della ragazzina di cui sarebbero state responsabili per l’intera durata di un concerto? E pensare che loro erano scappate da sole... Come avevano fatto i loro genitori a non capirlo? Be’, col senno di poi appariva semplice, e forse a quell’epoca “i grandi” davano per scontato che le ragazzine fossero meno intraprendenti. Stessa cosa non si poteva dire delle vispe puellae di oggigiorno. Uno come il lucertolone non se la sarebbe fatta scappare tanto facilmente, riteneva Simona. Dunque, avrebbe preferito lasciare l’incombenza a Laura, ma Manuela era stata chiara: avrebbe dovuto farsene carico lei. Pazienza. Andava bene, sì, andava bene così.
Le 17.30. Ancora dieci minuti e sarebbe arrivata a casa. C’erano in programma la lavatrice, il cencio sui pavimenti e un dolcetto da portare l’indomani per l’ora di pranzo. Tullio lo avrebbe apprezzato, dopo la vaschetta di lasagne del mercoledì di Annina.
Non avrebbe invece apprezzato l’idea del concerto dei Duran Duran, anche perché lui era un amante della ben più colta dodecafonia e “gli pseudoartisti di popular music” non facevano al caso suo. Roba da masse ignoranti.
Simona stava seriamente riflettendo se dirgli la prima bugia della sua vita.
Si bloccò per un istante davanti all’Orologio del conte Ugolino, immobile, nell’ampia fissità geometrica di piazza de’ Cavalieri deturpata da un cantiere, una mano spiaccicata sulle labbra, gli occhi spalancati. Nella memoria: la faccia del demone cannibale che nell’Inferno dell’Alighieri affondava i denti nel cervello dell’arcivescovo Ruggieri e nella leggenda si mangiava figli e mani.
Bugia.
Lei con i palmi che schioccavano l’uno contro l’altro per giungersi a campanile, intrecciarsi in preghiera, appiccicarsi alle labbra serrate, col terrore di doversi rimangiare quanto appena pensato, se stessa, i parti della sua mente, l’idea di mentire a Tullio. Anche le mani, come Ugolino, perché no? Perlomeno due pepite del pollice...
Recenti scoperte avevano dimostrato che il povero conte era morto di fame. E pure sdentato.
Ma alla gente non era importato un cacchio.
A Tullio non era importato un cacchio che quella sera lei avesse deciso di uscire con Laura. Non lo facevano da tempo e ogni martedì c’era musica dal vivo in quel locale fuori città, verso il mare. Laura spesso e volentieri acchiappava la macchina e usciva anche da sola, mentre lei portava avanti il suo voto di fedeltà nei confronti di un uomo che, ahimè, sapeva in partenza non sarebbe stato libero di essere fedele a sua volta. Poche uscite. Per sua stessa decisione. Quasi non volesse sporcarsi la coscienza anche solo con i pensieri. Tullio non le aveva mai proibito di viversi la sua vita. Con le amiche, certo, un altro uomo sarebbe stato impensabile per lui. Così come per lei, ovvio. E Simona temeva di chiedere a se stessa come mai, perché avrebbe dovuto continuare su quella strada quando tutto appariva così ingiusto, pur se in maniera a dire il vero assai confusa. Difatti ricacciava sempre la riflessione.
L’unica parola che lo aveva fatto mugugnare comunque era stata “rock”.
“Passa a prendermi Laura con la macchina.” Lei neanche ce l’aveva, sempre a piedi o con l’autobus. “Ti scoccia?”
No, non gli scocciava.
Tanto valeva andare.
17.39, e la porticina di casa nella prospettiva della viuzza.
Ma voleva fermarsi un attimo alla panetteria lì davanti.
Lavatrice. Pavimenti. Dolcino.
Tullio si sarebbe abituato a poco a poco. Come aveva accettato di buon grado la sua uscita in un pub, avrebbe ammesso anche il concerto dei Duran Duran. In un certo senso, si sarebbe trattato del suo primo concerto dei Duran Duran. La volta precedente, fra caldo e calca, si era sentita male e aveva visto sì e no un paio di canzoni. Ricordava la tensione della grancassa partita un’oretta prima dell’inizio dello show, i valori ritmici dei colpi che si dimezzavano minuto dopo minuto a mimare un battito cardiaco sempre più rapido prima dell’attacco di A View to a Kill. La colonna sonora di 007, gli anni di Roger Moore! Poi Hungry Like the Wolf, mal di stomaco, caldo, sudore, freddo, giramento di testa, mani che la sollevavano e la facevano levitare sopra le teste, musica, strilli, pianti, suoni e rumori sempre più ovattati, al rallentatore, martellanti dentro la testa, respiro, fischi. Infine il buio. Quando le amiche l’avevano ritrovata in ambulanza a fine serata ancora non connetteva un granché. Il fratello di Manuela aveva dovuto fermarsi tre volte sulla strada del ritorno, per farla vomitare.
E pensare quanto aveva macchinato per sfuggire alle grinfie dei genitori che non volevano mandarla... Stava rischiando lo stesso con Tullio?
L’idea che qualcuno stesse cercando di nuovo di fermarla le suggerì un verso di Wild Boys e accennò a canticchiarlo; ma l’occhiataccia di un passante la bloccò e le fece schiarire la voce.
Poi s’intrufolò in panetteria e chiese mezzo filo.
L’odore del negozio le riportò alla mente quando ai tempi della scuola chiedeva cento lire di schiacciata morbida, per la ricreazione. “Morbida”, indispensabile. Il più morbida possibile. Perché portava l’apparecchio per i denti. E allora Simona era secca secchissima come un ramoscello, perché era un casino mangiare e pulirsi. Poi, quando se lo era tolto, era diventata grassa grassissima, per compensare. La schiacciata di Manuela invece era sempre croccante e oleosa. Manuela non aveva bisogno dell’apparecchio per i denti. Lei era già perfetta. Cinzia aveva sempre invidiato la forza di Laura, lei la perfezione e la serenità di Manuela. Sembrava che le fortune fossero toccate tutte a lei.
Povera Manuela...
Simona pagò la commessa e scivolò di nuovo nella viuzza. Ormai era arrivata. Ma i pensieri non erano svaniti. Come dire quella cosa a Tullio?
Non che Tullio non l’avrebbe mandata, tantomeno per gelosia, possessività o egoismo, questo no. Ma l’idea che la stima di Tullio nei suoi confronti sarebbe scesa a causa di una passione popolare la disturbava. Non gli aveva mai confessato quella passione. Eludere volontariamente non era in un certo senso anche mentire?
Forse sì.
Forse no.
Be’, di eludere qualcosa in passato già le era capitato, come i trascorsi magico-naturalisti rinchiusi nei cassetti con candele ed erbette essiccate.
Laura le avrebbe risposto di sì. In un certo senso era come mentire.
Ma Laura era acida in quei giorni, e così in astinenza da masturbarsi pensando agli uomini brutti e nemmeno troppo giovani, a quanto le aveva confessato. Stava male, per i suoi canoni.
Quella sera le avrebbe trovato lei da trombare.

Proprietà letteraria riservata © 2013 RCS Libri S.p.A., Milano. Pubblicato in accordo con PNLA&Associati S.r.l. Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency

[Si prega di non riportare l'estratto su altri siti ma di riferirsi alla scheda dell'ufficio stampa Rcs oppure di segnalare il link]


Irene Vanni - Come se fosse ieri - Fabbri Editori Life (Rcs Libri)
Pp 336 - Euro 12,90 (cartonato 15 x 21 cm)
Disponibile anche in ebook a 6,99 euro
Nelle migliori librerie e web stores

Leggi la scheda completa!





Post correlati:

Sono ufficialmente un’autrice Fabbri/Rcs
Genere del mio romanzo con Fabbri Editori
Data di uscita del mio romanzo con Fabbri Editori
Titolo, copertina e trama del mio romanzo con Fabbri

5 commenti:

  1. Non vedo l'ora di leggerlo tutto intero!

    RispondiElimina
  2. Leggere, leggere, leggere...
    E domani comprare, comprare, comprare! :D (Stefy)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Gentile Irene Vanni, auguro a "Come se fosse ieri" il meglio del meglio.
      Complimenti anche da parte del mio compare.

      Elimina
  3. Festeggiamo per domani! Sarai per caso alla fiera di Torino?

    RispondiElimina
  4. Grazie a tutti!

    Aislinn, l'uscita è oggi! :D

    RispondiElimina